Architetti sanniti premiati con il Leone D'Oro alla XV Mostra Internazionale di Venezia
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Leone d’Oro al Padiglione Spagnolo prodotto e realizzato da Luigi D’Oro con Riccardo D’Uva e team sannita.
Il Padiglione Spagnolo “Unfinished”, curato dagli architetti Carlos Quintans e Iñaqui Carnicero, ha convinto per la scelta del tema, la selezione dei progetti e il raffinatissimo allestimento ed è stato premiato con il Leone D’Oro - per la miglior partecipazione nazionale - alla XV Mostra Internazionale di Architettura di Venezia.
L’allestimento del padiglione è stato curato da un team sannita guidato da Luigi D’Oro (LSD production S.r.l.) con Riccardo D’Uva (ARGUZIA S.r.l.). Il tema di quest’anno proposto dal direttore della Biennale Alejandro Aravena, Reporting from the front, chiedeva agli architetti curatori di indagare un nuovo punto di vista. “Di fronte alla complessità e alla varietà delle sfide – sottolinea - che l’architettura deve affrontare, Reporting from the front si propone di ascoltare coloro che sono stati capaci di scrutare una prospettiva più ampia”.
Paolo Baratta in occasione dell’inaugurazione spiega che “l’Architettura di cui si parla in questa Biennale è un’Arte per risolvere i problemi” e aggiunge ”minimizziamo gli sperperi e cerchiamo di porci di fronte ad ogni problema pensando che non stiamo affrontando un solo problema, ma molti contemporaneamente. L’Architettura in mostra è quella della nostra vita, non una mostra dedicata al mondo povero. Siamo al di fuori di una dimensione estetica, che era uno dei tanti capitoli in cui era chiusa l’Architettura. Questa è una Biennale che vuole stimolare un nuovo modo di ragionare.”
I curatori del Padiglione Spagnolo hanno risposto con una ricerca sulle rovine contemporanee, le opere incompiute frutto del boom edilizio degli ultimi decenni. Unfinished presenta sia interventi interrotti a causa della crisi economica che esempi didattici di edilizia e di interni caratterizzati da riuso, reversibilità e risparmio.
“Unfinished - scrive Carlos Quintans, co-curatore della mostra con Iñaqui Carnicero - cerca di pensare ad un’architettura che nasce per rendere possibile il suo uso e la sua trasformazione, che nasce e vive nel cambio. Un’architettura che non rinuncia a completare l’opera con il maggiore grado di coerenza, ma che pensa che ciò che è stato realizzato possa essere una tappa in questa ricerca.”
Utilizzando la fotografia come filtro per ritrarre questa realtà, gli spazi interni del padiglione sono costituiti da un display di strutture di supporto realizzate con profili Knauf, variamente composti nelle cinque sale del padiglione. A completamento di una visione sul tema nell’ultima sala, dei video di interviste a critici ed architetti di tutto il mondo. La produzione e l’allestimento del padiglione sono state affidate al team guidato da Luigi D’Oro con Riccardo D’Uva, in collaborazione con Flaminio Bovino (ingegnere), Mario Cristofaro (multimedia exhibition designer) Giovanni Spagnoletti (All.fer. carpenteria metallica), Chiara Mazzarella e Micol Riva (assistenti di produzione), da Acción Cultural Española (AC/E), che ha supportato la realizzazione del progetto con il Ministero dello Sviluppo, il Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione, la Fundación Arquia, la Cornell University, Desescribir e Grafica Futura.
L’incarico è stato affidato a Luigi D’Oro con anni di esperienza in Biennale che già nel 2014 ha curato, con Arguzia S.r.l., l’allestimento del progetto “Monolith Controversies” del Padiglione Cile, insignito del Leone d’Argento. La crescita professionale dell’architetto, alla guida del team sannita, è frutto di una passione che ha preso forma e sostanza attraverso un metodo di lavoro volto sempre all’approfondimento e al miglioramento. La condivisione di questo percorso si è arricchita negli anni con la collaborazione con il collega Riccardo D’Uva, con cui nel tempo ha selezionato un team di artigiani e imprese locali che partecipano alla produzione.
Il progetto del padiglione spagnolo
Il display del progetto del padiglione spagnolo presentava diversi gradi di complessità: la porta di accesso principale, a bilico orizzontale di sei metri d’altezza, del peso di oltre cinquecento kilogrammi. La struttura centrale, costituita da sette telai per l’esposizione di fotografie, ognuna di sette metri per due e mezzo, che, sospesi da cavi in acciaio, con un sistema motorizzato, possono essere sollevarti svuotando lo spazio, che occasionalmente presenterà incontri e seminari. E il video-mapping delle interviste proiettate su scatoloni.
Il team sannita, sia in fase di pre-produzione che in loco con i curatori, ha curato ogni parte della realizzazione del padiglione e i dettagli di tutti gli aspetti compositivi, tecnici e tecnologici necessari all’espressione in forma dell’idea di progetto. L’aspetto essenziale cela una serie di dettagli complessi, come il carattere cinetico della porta di accesso e della struttura centrale. Ogni parte in ferro è stata studiata e prodotta nel Sannio e poi trasportata fino ai Giardini della Biennale a Venezia. In situ sono state montate le parti in ferro, e molti aspetti del display sono stati modificati e definiti in cantiere con i curatori. Elementi semplici disposti essenzialmente, insieme alla porta e alla struttura centrale che, muovendosi, rivoluzionano la natura degli spazi.
Unfinished mette a fuoco l’architettura spagnola incompiuta, orfana di un boom edilizio travolgente, come punto di partenza dell’Architettura carico di potenzialità. Concetti come riassegnazione, adattabilità o riappropriazione, tra gli altri, appaiono in nei progetti selezionati dal Padiglione Spagnolo per la mostra, offrendo una nuova visione di come gli architetti spagnoli hanno riflettuto e reagito grazie all’attuazione di nuove strategie. La mostra raccoglie esempi di architetture realizzate in Spagna negli ultimi anni, nate dalla lezione del passato recente, che intendono l’architettura come un processo, dando valore al non terminato, in costante evoluzione e a servizio dell’uomo. L’allestimento del padiglione racconta il carattere indefinito, modulare, aperto a possibilità compositive e flessibile nell’uso, sposando il concetto di fondo della mostra che trova nell’indefinito l’energia in potenza da cui poter ripartire. Una tettonica essenziale, semplice e silenziosa.
L’immaginazione scatta quando si può leggere qualcosa non visibile. Francesco Venezia, in una sua lezione sull’archeologia, intrecciata con la poetica di Leopardi, disse che “la poesia sta nell’indeterminatezza, che Paestum è più forte del Partenone perché ancora è carica della tensione dell’inespresso”.
Il padiglione spagnolo Unfinished racconta un’indagine che vale non solo come lezione disciplinare e compositiva per gli architetti di tutto il mondo, ma come atto poetico e propositivo per tutte le potenzialità racchiuse nell’incompiuto, e il riconoscimento ottenuto con il Leone D’Oro della Biennale di Venezia conferma il grande valore di questa ricerca. Un orgoglio per i nostri conterranei essere stati parte attiva di questo progetto.