Diocesi di Cerreto Sannita – Telese – Sant’Agata de’ Goti. Pastorale Giovanile, silenzio, ascolto, preghiera e incontro per i giovani agli esercizi spirituali guidati dal vescovo Mimmo.
“Maestro, dove dimori? “ (Gv, 1,38). È la domanda con cui 55 giovani della Diocesi di Cerreto Sannita – Telese – Sant’Agata de’ Goti, sono entrati nei tre giorni di esercizi spirituali, guidati dal vescovo diocesano Domenico Battaglia e organizzati dalla Pastorale Giovanile, in collaborazione con l’Ufficio diocesano per le Vocazioni e il settore Giovani di AC. Un invito, quello del Maestro, attraverso la voce del vescovo, a “Cercarlo”, “Seguirlo” e “Rimanere” con Lui, che segna una tappa significativa del cammino diocesano verso il prossimo Sinodo.
Il tempo di esercizi è sempre, ed è stato sperimentato dai giovani presenti, una profonda esperienza di Dio e, come tale, per essere vera, essa non può che passare per l’esperienza reale e concreta della propria umanità, fragilità e debolezza, incontrata dallo sguardo del Cristo per essere toccata e sanata dalle Sue mani.
Il tempo di silenzio, di ascolto, di preghiera e di incontro ha permesso di sperimentare la vitalità della Parola di Dio, la bellezza dell’affidarsi, la gioia e il rinnovato entusiasmo dello stare con Cristo insieme ai fratelli ed anche la libertà che nasce dal consegnarsi a Lui con le proprie fatiche.
Nelle parole del vescovo, il Maestro, il Pastore bello ha di nuovo rinnovato il suo invito a lasciarsi guardare e a rimanere nel Suo nome al fine di percepire nella fede lo “sguardo privilegiato” che l’emorroissa sentì su di sé (Mc 5,32).
L’«Alzati», detto alla figlia di Giairo (Mc 5,41), è stato poi ripetuto a ciascun giovane: alzarsi dai luoghi di morte per rimettersi in cammino, ma soprattutto per rimettere in cammino la speranza, nella consapevolezza che come “la bambina non è morta, ma dorme”, così, anche la speranza non è sepolta, ma spesso dorme!
Infine, le tre parabole del capitolo 15 di Luca sono state la consegna di don Mimmo a ciascun giovane: un invito a non abitare la chiesa da “fratelli maggiori”, impegnati cioè nella vita parrocchiale con un servizio reale ma senza sentirsi figli, riconoscendosi invece come il “fratello minore” che, spesso, se ne va sbattendo la porta!
L’impegno, per tutti, è a “ritornare in sé”, a mettere il cuore nel servizio per la Chiesa, a sentirsi figli amati e non per ultimo a farsi guidare dal Buon Pastore nella ricerca, con Lui, delle tante pecorelle smarrite, nella certezza, come ha ripetuto il vescovo Battaglia che “La fede non è un aggrapparsi. La fede è abbandonarsi”.
:: Questo articolo è stato stampato dal quotidiano online ilQuaderno.it ed è disponibile al seguente indirizzo:
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