Dopo la morte dell’operaio Enel, Adriano Tatavitto, le indagini hanno appurato gravi responsabilità. Il Pm ha chiesto il processo per tre funzionari, ma l’azienda si è sottratta alle sue responsabilità. Anche l’Anmil parte civile.
Nuovamente rinviata l’udienza preliminare, tenutasi il 12 settembre al palazzo di giustizia di Benevento, del processo per la tragica morte di Adriano Tatavitto, ma stavolta non per legittimo impedimento del difensore degli imputati, come il 20 giugno. Il Gup, dott Flavio Cusani ha concesso un breve rinvio, al 21 novembre, finalizzato solo a fare in modo che il datore di lavoro dell’operaio di Circello rimasto folgorato, cioè il colosso Enel, proponga finalmente un equo risarcimento ai familiari della vittima, che aveva appena 38 anni e ha lasciato nel dolore e senza sostegno economico la moglie e due figli piccoli: da tre anni l’azienda denega ogni risposta nonostante le responsabilità accertate nell’incidente. Nessuna valutazione dei rischi inerenti l’operazione di installazione dei gruppi elettrogeni, nessuna istruzione sui pericoli dell’immissione sulla rete elettrica interrotta da parte di terzi attraverso generatori privati collegati al contatore, risultata fatale: queste le violazioni delle norme per la prevenzione e la sicurezza negli ambienti di lavoro contestate a tre responsabili dell’Enel dalla Procura di Benevento con la chiusura delle indagini preliminari del procedimento penale avviato dopo l’ennesima morte bianca.
Per ottenere giustizia la famiglia - tramite il consulente personale Armando Zamparo - si è affidata a Studio 3A, società specializzata a livello nazionale nella valutazione delle responsabilità in ogni tipologia di sinistro, a tutela dei diritti dei cittadini, e, attraverso il proprio penalista, con cui Studio 3A collabora, l’Avv. Raffaele Napolitano, si è già costituita parte civile. Al riguardo, un segnale importante ha voluto darlo anche l’Anmil, l’Associazione Nazionale Mutilati e invalidi sul Lavoro, che a sua volta si è costituita parte civile nel processo al fianco dei congiunti della vittima.
Il 16 ottobre 2015 Tatavitto, operaio specializzato ed esperto, stava effettuando un intervento in contrada Acquafredda, a Benevento, resosi necessario per l’interruzione di una linea di media tensione da 20mila Volt in seguito agli eventi alluvionali della notte tra il 14 e 15 ottobre. L’addetto operava su un palo cabina per il ripristino della linea elettrica mediante l’installazione di un gruppo elettrogeno provvisorio quand’è rimasto folgorato da una violenta scarica, restando esanime sulla scala su cui era salito: la perizia medico legale, affidata dalla Procura alla dott.ssa Monica Ponzo, ha confermato che la vittima è deceduta a causa della folgorazione.
Finalmente, all’inizio del 2018, sulla base delle indagini dei carabinieri di Benevento e dagli ispettori Spisal dell’Asl Beneventana, il Pm, dott.ssa Miriam Lapalorcia, ha chiesto l’emissione del decreto che dispone giudizio per tre dei cinque tra dirigenti e responsabili dell’azienda iscritti inizialmente nel registro degli indagati: C. S., 56 anni, di Albiolo (Como), datore di lavoro Enel per l’Unità Produttiva Area Territoriale della Campania; V. R., 40 anni, di Volla (Napoli), datore di lavoro delegato nella sede di Enel Distribuzione di Avellino; A. G., 58 anni, di Campobasso, datore di lavoro delegato presso la sede Enel Distribuzione di Benevento. Ai tre imputati si contestano i reati di omicidio colposo in concorso perché, scrive il Sostituto Procuratore, “cooperando colposamente tra di loro, con negligenza, imprudenza e imperizia, nonché inosservanza delle norme in materia di prevenzione degli infortuni sul lavoro, cagionavano la morte per folgorazione di Tatavitto, nel mentre questi prestava attività lavorativa come operaio specializzato con funzione di preposto per ripristinare la linea elettrica interrotta mediante l’installazione di un gruppo elettrogeno provvisorio (…)”.
Le violazioni riguardano vari articoli del Testo Unico per la sicurezza e sul lavoro e si concentrano sulle operazioni per installare il gruppo elettrogeno. Come precisa il provvedimento, V. R. “ometteva di garantire a Tatavitto una adeguata e specifica formazione e un aggiornamento periodico in ordine ai propri compiti di preposto in materia di salute e sicurezza sul lavoro in rapporto alle condizioni di impiego del trasformatore energetico nonché un addestramento adeguato e specifico tale da consentirne l’utilizzo in sicurezza, ovvero aprire i due interruttori magnetotermici lato BT al fine di sezionare la rete a servizio delle utenze, nonché un’adeguata conoscenza sul rischio specifico che può essere causato dall’immissione sulla rete elettrica interrotta da parte di terze persone che, utilizzando gruppi elettrogeni privati per alimentare le proprie abitazioni collegandole al contatore, hanno immesso energia elettrica sulla rete Enel”. A. G. “ometteva di fornire a Tatavitto dettagliate informazioni sui rischi specifici nell’ambiente in cui era destinato ad operare e sulle misure di prevenzione ed emergenza da adottare, omettendo di fornirgli le informazioni necessarie in relazione ai rischi che potevano essere causati da terze persone che si alimentavano in isola con gruppi elettrogeni privati dai quali poteva immettersi energia elettrica lungo la linea elettrica in cui doveva prestare la sua attività lavorativa”. C. S.
Infine “ometteva di eseguire una valutazione dei rischi in riferimento alle condizioni ed alle caratteristiche specifiche dell’installazione di un gruppo elettrogeno provvisorio; ed infatti nel paragrafo 2.2.1 riguardante le analisi delle attività lavorative di costruzione, demolizione, manutenzione ed esercizio dei posti di trasformazione su palo non si ha alcun riscontro di tale attività bensì all’attività complessi di misura energia elettrica, nel paragrafo 2.5.1. riguardante i criteri seguiti per la valutazione dei rischi connessi con gli impianti e le apparecchiature elettriche vi sono una serie di rimandi ad altre prescrizioni senza alcuna valutazione del rischio specifico inerente all’effettiva messa in sicurezza dell’impianto per dare il benestare a iniziare i lavori in caso elettrici, nonché ometteva di nominare il RSPP”.
Anche dopo l’emissione di questo provvedimento, tuttavia, Enel ha continuato a non riscontrare le legittime richieste di risarcimento avanzate da Studio 3A per i propri assistiti: risarcimento che non è un capriccio, ma è fondamentale per garantire un futuro alla vedova e ai due figlioletti di Tatavitto. Ora però, alla luce della presa di posizione del giudice, si confida in un radicale cambio di atteggiamento dell’azienda. Fermo restando che i familiari si aspettano anche risposte sotto il profilo penale e che i responsabili vengano condannati ad una pena congrua.
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