Si è concluso con una duplice assoluzione il processo che vedeva alla sbarra Pagnozzi Paolo e Cioffi Pietro, entrambi accusati di violenza privata aggravata dal metodo mafioso ai danni di un noto imprenditore operante a Cervinara.
L’Ufficio della Direzione Distrettuale Antimafia aveva chiesto per entrambi gli accusati la condanna ad anni 2 e mesi 6 di reclusione. Il Tribunale collegiale di Avellino – presieduto dal dottor Melone - invece, in accoglimento delle tesi del collegio difensivo, composto dagli avvocati Dario Vannetiello, Francesco Perone e Valeria Verrusio, ha assolto entrambi gli imputati dal reato a loro ascritto.
La vicenda risale al 2013, quando Cioffi, su asserito mandato di Pagnozzi Paolo, avrebbe esercitato forti pressioni su un imprenditore caudino per ottenere il licenziamento di una sua dipendente la quale, alcuni mesi prima, aveva denunziato per usura ed estorsione lo storico boss ora deceduto Pagnozzi Gennaro, soprannominato o’Giaguaro, accuse che avevano poi portato al suo arresto. L’imprenditore aveva pure dichiarato agli inquirenti di aver registrato una serie di atti intimidatori all’interno dell’azienda, tra i quali, addirittura l’incendio delle autovetture di alcuni suoi operai.
Da qui anche la contestazione della aggravante di aver commesso i fatti con metodo mafioso e, comunque, per favorire l’associazione camorristica clan Pagnozzi, gruppo che, secondo gli inquirenti, è tuttora operante a cavallo delle province di Avellino, Benevento e Caserta, con diramazioni oramai che hanno raggiunto anche la capitale.
L’allungamento dei tentacoli della piovra caudina nella ciottà di Roma è emerso nella nota inchiesta denominata “camorra capitale” per la quale di recente la Corte di appello di Roma ha confermato la condanna ad anni 30 di reclusione a Pagnozzi Domenico, soprannominato “o professore”, decisione questa che però attende il definitivo vaglio della Suprema Corte di Cassazione la quale sarà chiamata a valutare il ricorso dei difensori.
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